A.C. 889-A/R
Onorevoli colleghe e colleghi, Presidente, ci troviamo oggi a discutere dell'ennesimo provvedimento improvvisato e sbagliato di questo Governo. Sbagliato nel merito, perché il superbonus del 110 per cento ha contribuito ad evitare una grave recessione post pandemica, facendoci guadagnare qualche punto di PIL, ha significato investimenti e occupazione, ha consentito a chi non avrebbe mai potuto permettersi questi interventi il miglioramento di edifici dal punto di vista dell'efficienza energetica e della sicurezza sismica. Sbagliato poi nel metodo, perché, certo, come per tutte le misure di questo tipo, anche per il superbonus era giusto pensare a un rientro graduale nella normalità, ma qui si è fatto qualcosa di diverso. Con un tratto di penna si è tirata una riga su una legge vigente, sulla quale tante imprese e famiglie facevano affidamento. Si sono cambiate le regole del gioco in corso, cioè si è rotto quel patto con i cittadini, siglato dai precedenti Governi, che è stato infranto così, dalla sera alla mattina. Occorreva aggiustare il tiro, contrastare truffe e distorsioni, rimodulare la misura, così come fatta dai Governi precedenti. C'era, però, tutto il tempo di un confronto preventivo con le parti sociali e le imprese per calibrare i correttivi necessari. E invece avete scelto un'altra strada: avete scelto di cancellare immediatamente lo sconto in fattura e la cessione dei crediti di imposta, legate al superbonus e agli altri crediti edilizi. Ma come si fa a non capire che eliminare così all'improvviso le forme di utilizzo alternative alle detrazioni significa colpire la capacità di programmazione e lo spazio di investimenti per tutti gli operatori coinvolti? Non siamo noi a dirlo, lo hanno detto gli imprenditori in audizione alla Camera. Lo sanno bene, purtroppo, le famiglie, che si ritrovano con i conti saltati per aria. Vi siete domandati come mai i sindacati e gli industriali hanno lanciato lo stesso allarme? Si sono ritrovati d'accordo: il pericolo di chiusura per decine di migliaia di imprese, il rischio di fermare almeno 100.000 cantieri e di far perdere il lavoro a centinaia di migliaia di occupati nel settore edile e di altri comparti. Insomma, un provvedimento che sembra pensato, ancora una volta, per generare disoccupazione, aggravare la crisi sociale e colpire il PIL del Paese. Un provvedimento che, per questo, ha incontrato subito la ferma opposizione del nostro gruppo, che si è battuto perché fosse modificato in modo radicale. È probabile che almeno in parte vi siate accorti del disastro compiuto, visto che per un mese abbiamo ascoltato le vostre rassicurazioni sul fatto che si sarebbero trovate soluzioni. Ma è stata un'attesa vana, perché, al di là di qualche pannicello caldo, che non cambia il senso di questo decreto e che lascia intatto il nodo dei 19 miliardi di euro di crediti incagliati, non si è visto nulla, come è di abitudine, peraltro, come è successo con il decreto no rave, poi con le retromarce sulla legge di bilancio, tra pagamenti elettronici e tetto al contante, con la questione delle accise sui carburanti, e poi con l'inerzia e l'insensibilità di fronte al dramma dei migranti a Cutro.
La verità è che ieri eravate bravi, dall'opposizione, a parlare, a fare demagogia e a speculare cinicamente su ogni situazione. E oggi che siete al Governo, quando si tratta di dare risposte concrete, non siete capaci di darle. La nascita, il percorso e l'esito di questo decreto ne sono l'ennesima prova. Noi, in alcuni casi, siamo riusciti a farvi ridurre il danno, con la reintroduzione della cessione del credito per le case popolari, per il Terzo settore e per le agevolazioni relative all'abbattimento delle barriere architettoniche. E siamo riusciti a salvaguardare le aree terremotate, quelle alluvionate delle Marche, perché anche a questo eravate arrivati: pensare di estendere il blocco alle aree del cratere sismico del centro Italia, una scelta sciagurata e irresponsabile, che avrebbe consentito di fare la ricostruzione solo ai ricchi, a chi aveva una disponibilità di risorse proprie per completare i lavori. Certo, avremmo voluto anche salvare la cessione del credito e lo sconto in fattura per le famiglie con redditi fino a 40.000 euro e gli incapienti. Avremmo voluto allungare la misura e cancellare l'assurdo vincolo del 60 per cento dei lavori entro giugno per le case popolari. Avremmo voluto salvaguardare gli interessi e le esigenze degli italiani all'estero, ma non ci avete ascoltati. Però una cosa voglio dirla con franchezza: noi non accettiamo e denunciamo con forza la pratica dei debiti fuori bilancio, perché di questo si parla. Siamo un grande Paese e un grande Paese ha diritto ad un Governo che faccia legittimamente le sue scelte e che, però, gestisca la cosa pubblica con correttezza e trasparenza, facendosi carico di queste scelte. Voi non lo state facendo. Avete voluto una norma, presentata in fretta e corretta ancora più frettolosamente, sulla possibilità per banche e intermediari finanziari, cessionari di credito, di utilizzarli per sottoscrivere titoli di Stato, a partire però dal 2028, quando questo Governo non ci sarà più. Non siete stati in grado di farvi quantificare la consistenza di un debito che sarà scaricato ancora una volta su chi verrà dopo e rifiutate il fatto di prendere in considerazione di prevederlo negli anni, invece, del vostro mandato. Questa sordità, questa presunzione di autosufficienza, abbinata all'inadeguatezza, è preoccupante, specie se allarghiamo il nostro sguardo alle altre grandi sfide che abbiamo davanti, ad esempio quella legata agli obiettivi di decarbonizzazione. Dov'è - cito testualmente - il disegno di riordino e armonizzazione degli incentivi destinati alla riqualificazione e alla messa in sicurezza e all'efficientamento energetico degli immobili pubblici e privati, promesso in campagna elettorale dalla Presidente Meloni? Si vedono, sinceramente, scarabocchi e pasticci, lì dove invece servirebbero politiche industriali stabili e strutturali per la rigenerazione delle città, per ridurre gli sprechi e per raggiungere gli obiettivi del Green Deal e del PNRR. Voi, con questo decreto, state mandando il segnale esattamente opposto. L'Europa ha lanciato una sfida al mondo sugli obiettivi climatici. La strada è segnata e bisogna percorrerla fino in fondo, senza fermarsi a fare battaglie di retroguardia in nome di un presunto interesse superiore nazionale. Battaglie che poi perdete, come quella sulla trattativa delle auto elettriche o sulla proposta di direttiva case green, il cui obiettivo, lo ricordo, è di dare a tutte le case e a tutte le famiglie spese di riscaldamento che non si portino via mezza pensione o mezzo stipendio dei lavoratori. Perché attenzione, sia ben chiaro, per noi transizione ecologica non significa decrescita, ma una decisa decarbonizzazione della crescita, questo sì, e lo rivendichiamo.
In questo senso, il pacchetto di misure europee per il clima non è solo fondamentale per salvare il pianeta e le future generazioni, ma è anche una delle più grandi sfide di investimento pubblico e privato nel sistema produttivo europeo per renderci competitivi rispetto alla Cina e agli Stati Uniti ed è un'occasione storica a partire dai fondi del PNRR. È dall'inizio del cammino di questa vicenda che diciamo in tutte le occasioni che questa occasione non si può sprecare e invece stiamo assistendo proprio a questo. Non c'è da voltarsi indietro per capire il perché: è all'oggi che bisogna guardare, alle scelte che avete fatto, alla nuova struttura di governance del PNRR che ancora non c'è, al verdetto europeo sui 19 miliardi della terza rata, alla Corte dei Conti che ci ammonisce sul fatto che solo il 6 per cento dei fondi è stato speso e che parla di scarsa capacità di programmazione, alla confusione che regna sovrana dentro la vostra maggioranza e al Governo. Non possiamo permettercelo! Vi chiediamo di venire a riferire qui in quest'Aula sul PNRR, proprio dopo le parole gravissime pronunciate ieri dal presidente del gruppo della Lega. Il Governo, invece di preoccuparsi - come ha fatto fin qui -, di cavalcare battaglie divisive, di piantare bandierine ideologiche e di offendere la nostra memoria storica ripetutamente, invece di confrontarsi su progetti come l'autonomia differenziata, che rischiano di dividere il Paese, assuma finalmente questa come priorità assoluta! Noi non permetteremo che l'Italia perda il treno della modernità e della competitività; non permetteremo che resti indietro nella sfida decisiva della transizione ecologica e di quella digitale e non permetteremo che divari e disuguaglianze aumentino a causa della vostra inerzia, della vostra incapacità e di provvedimenti come questo decreto, che vanno esattamente nella direzione opposta di quella che serve a questo Paese. Per tutti questi motivi, il nostro sarà un voto convintamente e nettamente contrario.